Cycling Will Tear Us Apart s01e01–05. Ronde van Vlaanderen

Domenica dei Palmer insolita. Tutta questa primavera è insolita in realtà, ma ormai ci stiamo anche prendendo l’abitudine…
Quindi niente Fiandre in TV e spazio ai ricordi: oggi la Ronde la riviviamo con una Top King Kong Five della storia recente del ciclismo.
Cinque highlights, cinque episodi presi perlopiù a caso, un po’ di fretta come piace a noi ciclisti della domenica e con quel poco criterio che giusto una ricerca veloce su YouTube può offrire.

 

Il Koppenberg visto dai 720p di Tacx

 

«Il silenzio delle Fiandre fu spazzato via in un attimo da un boato. C’erano centinaia di persone arrampicate sui pendii della collina, lì, a due passi dalle quattro case che separano Rotelenberg da Melden, piccoli borghi di poche anime che nessuno conosce, che nessuno mai visita, ma che un giorno all’anno, quello del Giro delle Fiandre, diventano centro pulsante di un unico cuore, quello fiammingo, quello ciclistico. Dopo il boato, i ricordi diventarono confusi. Chi quel giorno pedalava poco ricorda, se non “tutti i muscoli che gridavano vendetta”, se non “l’eco, solo l’eco, di una fatica bastarda”. Claude Criquielion fu tra i primi quel 7 aprile del 1985, a sentire sotto le ruote i ciottoli del Koppenberg, fu tra i pochi a rimanere in piedi. Perché il Koppenberg fa male sempre, ma quel giorno era peggio di sempre. La pioggia non aveva mai smesso di scendere, la temperatura puntava allo zero e le pietre sembravano fatte di sapone.
Sessantaquattro di dislivello, ma solo sulla carta, perché se si contassero i millimetri di differenza in altezza tra pietra e pietra sarebbero un sacco di più: un ricercatore fiammingo l’ha fatto, ha passato una settimana a misurarle con il calibro e di metri ne ha calcolati trecento in più.
Sessantaquattro metri di dislivello che poi diventano una parete che supera il venti per cento di pendenza, che “diventa il rimpianto di non aver scelto di starsene a casa” (Criquielion). Perché il Koppenberg non ha mai deciso niente, è sempre stato una cattiveria gratuita, messo tra i quaranta e gli ottanta chilometri dal traguardo, quando va bene e non è il primo muro. Una collina tagliata in due da una strada di ciottoli senza senso, creata “solo per il gusto meschino di farsi del male”».

Giovanni Battistuzzi, Il Foglio

Episodio 1 – RVV 1985

Venne inserito la prima volta nove anni prima il Koppenberg: un muro di pietra che sale fino al 22%, 600 m x 64 di dislivello, parte piano e poi si impenna: un massacro, quando è liscio. Quando piove diventa impossibile.
E partiamo proprio da lì, da quel 7 aprile ’85. Piove forte, c’è vento e fa piuttosto freddo: partiti in 173, a metà gara rimangono in 50. Lo chiudono in 24. È record.
Ai piedi del Koppenberg c’erano Criquielion, che inseguiva il suo primo Fiandre, i favoriti Nico Verhoeven, Greg LeMond, Adrie van der Poel (il Padre) e Phil Anderson, il suo compagno di squadra Erik Vanderaerden, velocista, e uno che la corsa l’aveva già vinta qualche anno prima, Hennie Kuiper.

Episodio 2 – RVV 1992

Jacky Durand viene dalla Mayenne, Loira. Famiglia di umili origini la sua – i suoi sono agricoltori – e Jacky inizia a correre da ragazzino. Tra i cadetti non ottiene molto ma, passato dilettante, riesce a mettere in risalto le proprie doti di attaccante spregiudicato. Ben presto diventa famoso per la sua attitudine alle lunghe fughe, tanto che nel ’90 riceve la chiamata della Castorama di Cyrille Guimard e la rivista francese Vélo, stimolata dalle fughe a lunga gittata, pubblica ogni mese un Jackymètre che gli conta i chilometri in fuga in stagione.
È il 5 aprile e i km sono 260, da Sint-Niklaas a Meerbeke con in mezzo 14 salite. Quel Fiandre del ’92 Jacky lo prende come meglio gli riesce: attaccando. Dopo 45 km va in fuga insieme a Thomas Wegmüller, Hervé Meyvisch e Patrick Roelandt: mancano 217 chilometri al traguardo. A metà gara, siamo sul Tiegemberg, hanno 24′ su un gruppo che lascia andare, forse un po’ troppo. Roelandt e Meyvisch saltano, gli altri 2 tirano dritto. Ultima salita di giornata è il Bosberg: dal gruppo Van Hooydonck e Fondriest attaccano, davanti Wegmüller salta e Jacky va. Si è mai visto un francese che vince il Giro delle Fiandre?

Episodio 3 – RVV 1998

Sono gli anni della Mapei, la storica Mapei, quella Mapei. Invincibili nelle classiche di primavera. Sovrani indiscussi dei ciottoli.
E, con otto podi e tre vittorie, sono gli anni dello strapotere di Johan Museeuw, il “Leone delle Fiandre”, proprio come Magni.
La squadra si presenta con Patrick Lefevere in ammiraglia a dirigere un’orchestra di soli possibili capitani, tutta gente in grado di vincerla quella Ronde: si gioca la carta Museeuw con Stefano Zanini, Franco Ballerini, Andrea Tafi e Wilfried Peeters dietro a fare da stopper. A parte Tafi, finiranno tutti nei 10.
Il Leone fa fuoco al terz’ultimo strappo, il Tenbosse, Van Petegem in maglia Farm Frites cerca di stargli dietro. Tra loro e il traguardo ci sono solo il Kapelmuur e il Bosberg.

Episodio 4 – RVV 2005

Tom Boonen aveva solo 22 anni quando, al suo primo anno tra i pro in casacca US Postal, si piazza terzo (da debuttante) alla Roubaix, alle spalle di Museeuw e Steffen Wesemann. L’anno successivo passa alla Quick Step: anno difficile il primo, mentre il secondo si riscatta parzialmente con qualche vittoria. Ma è il terzo quello che si apre come l’anno della consacrazione: due tappe in Qatar e altrettante alla Parigi – Nizza, secondo posto nell’Omloop e vittoria all’E3. Poi arriva aprile con il suo carico di pavé.
È domenica 3, è appena morto il papa e sono 256 i km che separano Bruges da Meerbeke: il percorso porta i corridori prima lungo il mare di Ostenda poi vira a sud, direzione Oudenaarde, con il primo dei 17 muri in programma, il Molenberg, a 113 km dal traguardo.
Molti attacchi, una fuga che arriva ai 5′ ma che quando mancano poco più di 30 km viene ricucita e davanti si ritrovano in sei: Erik Zabel, Roberto Petito, Alessandro Ballan, Andreas Klier, Peter Van Petegem e Tom Boonen. Dietro seguono a 1′ e restano da affrontare il Kapelmuur, 1 km al 9,2% con punte del 20%, e il Bosberg, 1300 m al 5%. Poi 12 km e il traguardo. Sul Bosberg il ritmo si alza: Ete Zabel è un maestro e aspetta lo sprint, Van Petegem è il favorito e tiene la ruota. Tommeke non ha niente da perdere e apre il gas per togliersi di dosso i due favoriti di giornata.

Episodio 5 – RVV 2012

Nuovo percorso. Nuovo vincitore? È il primo aprile ma non è un pesce: grande assente il Muur di Grammont. Si parte da Bruges, 256,9 km con “solo” 16 muri con Koppenberg e 3 passaggi su Oude Kwaremont e Paterberg prima di arrivare a Oudenaarde, sede di arrivo.
Qualcuno non ci sta: senza Kapelmuur e Bosberg mancano i due storici trampolini di lancio verso la vittoria. Ok, la gara potrebbe diventare imprevedibile, più attacchi, più tattica: ma ci sarà anche più azione?
I favoriti alla partenza sono due (e alla fine della loro carriera arricchiranno il proprio palmarès con lo stesso numero di trionfi alla Ronde: 3). Riflettori puntati sulla battaglia tra il fiammingo e lo svizzero, tra Tornado Tom e la Locomotiva di Berna, tra Tom Boonen e Fabian Cancellara. Ma Spartacus ai -60 lascia bici e clavicola a bordo strada. Tutto da rifare. Juan Antonio Flecha Giannoni prova ad accendere la miccia, prima sull’Oude Kwaremont e poi sul Paterberg, al penultimo giro Johan Van Summeren cade spezzando il gruppo. Si avvantaggiano in 11 e all’ultimo passaggio sull’Oude Kwaremont, Alessandro Ballan si porta via Boonen, PippoMaestro Pozzato e vanno a giocarsela.

 

 

 

PS: all’inizio parlavamo di cinque highlights, che in realtà avremmo anche potuto strutturare meglio. Complice la fretta, non siamo sicuri del risultato, ma facciamo che ci mettiamo fin da ora a lavorare a quello che sarebbe dovuto essere il prossimo appuntamento con le classiche: quindi, calendario alla mano, ci rivediamo domenica prossima con l’enfer du Nord. Stessa storia, stesso posto, stesso bar. A voi!

 

— Jorge Cadete outta Lobanovski per LPC

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